Vizi e virtù delle “donne dei Cesari”: l’incontro al MArRC
Appuntamento domani alle 18:00 al Museo Archeologico con la prof. Lucietta Di Paolo Lo Castro nell'ambito dei consueti incontri sulla "percezione dell'Antico" promossi dall'Anassilaos
Ruolo e potere delle Auguste, l’incontro al Museo
Proseguono gli incontri sulla “percezione dell’Antico” promossi dall’Associazione Culturale Anassilaos.
“Ruolo e potere delle Auguste, da Livia alle Giulie dei Severi tra diritto e prassi politica” sarà il tema della conversazione che la Prof.ssa Lucietta Di Paola Lo Castro, già Professore associato di Storia Romana e di Istituzioni e Società nell’antica Roma, Università di Messina nonchè Direttore della rivista “Il Maurolico”, terrà domani 28 agosto alle ore 18,00 presso il Museo Archeologico di Reggio Calabria con la partecipazione del Direttore del Museo, Fabrizio Sudano e del presidente dell’associazione Anassilaos, Stefano Iorfida.
Le “donne dei Cesari”
“Le donne dei Cesari”, le mogli, le madri e in qualche caso le figlie e le sorelle degli imperatori romani sono state oggetto da parte degli storici antichi di una campagna di diffamazione i cui effetti sono giunti quasi fino a noi: dissolute e adultere (Giulia, figlia di Augusto, assassinata a Reggio per ordine del marito Tiberio; Domizia, moglie di Domiziano, Faustina Minore moglie di Marco Aurelio); assassine e finanche incestuose (le sorelle di Caligola e Agrippina Minore, madre di Nerone); addirittura prostitute per passione (il caso di Messalina, moglie di Claudio, che frequentava i bordelli di Roma per il solo piacere; una sorta di “Bella di giorno” che sfuggiva alla noia del talamo imperiale).
Quando non potevano essere tacciate di immoralità venivamo accusate d’essere intriganti, matrigne per i figli e i nipoti di primo letto dell’imperatore al fine di assicurare il potere ai propri figli (il caso di Livia moglie di Augusto e madre di Tiberio e ancora di Agrippina Minore) oppure capaci di determinare la successione al trono manovrando dietro le quinte (il caso di Plotina, moglie di Traiano, che spinse a favore del successore Adriano).
A spiegare una tale avversione da un lato il pregiudizio “maschilista” che mal tollerava il potere delle donne e dall’altro l’avversione degli storici antiche all’autocrazia degli imperatori.
Una “leggenda nera” giunta fino a noi
Tale “leggenda nera” è giunta fino a noi e soltanto da poco gli storici si sono sforzati di indagare, al di là del gossip, sull’effettivo ruolo politico e dinastico svolto dalla donne dei cesari, evidenziandone le capacità politiche e sottolineando il potere da esse esercitato, tanto più grande quanto più debole era l’imperatore, per carattere (Claudio ad esempio che gli storici dicono schiavo delle mogli, Messalina e poi Agrippina Minore) o per età (vedi gli imperatori quasi bambini dei Severi, Elagabalo e Severo Alessandro dominati dalle madri Julia Soemia e Julia Mamea).
Un “potere” il loro ben reale che poteva però esercitarsi di nascosto e mai apertamente, poiché l’imperatore era sempre il comandante dell’esercito e mai un esercito di maschi avrebbe prestato giuramento di fedeltà a una donna ( i tempi di una Maria Teresa d’Austria e di una Caterina II di Russia sono di là a venire).
L’attenzione degli storici moderni si è dunque rivolta a quegli aspetti “costituzionali” che sancivano un riconoscimento formale alle imperatrici quale, soprattutto il titolo di Augusta che il Senato conferiva su proposta dello stesso impetratore, marito o figlio che fosse, soffermandosi anche sulla influenza esercitata da esse sulla cultura e sulle arti (Julia Domna, moglie di Settimio Severo, considerata una “filosofa”, è al centro di Circoli culturali mentre Julia Mamea, madre di Severo Alessandro, intratteneva rapporti con filosofi sia pagani che cristiani, soprattutto con Origene).