Vincenzo Guerrazzi: l’artista operaio

Una voce libera, coraggiosa e impietosa considerata capofila della "letteratura selvaggia" che non ha mai reciso i legami con la Calabria pur emigrando da giovane

“Un lottatore, Vincenzo Guerrazzi, calabrese operaio e scrittore, artista e intellettuale, che non il padronato né il sindacato è riuscito a sconfiggere” così lo ha definito Stefano Bigazzi su Repubblica, all’indomani della sua scomparsa.

Impietosa, provocatoria e coraggiosa, la voce libera dell’”artista operaio” considerato capofila della “letteratura selvaggia” con una definizione che gli andò sempre stretta, nacque a Mammola, in provincia di Reggio Calabria, l’8 novembre di 84 anni fa.

Dopo l’adolescenza in una Calabria “rurale e primitiva”, orfano del padre, martire nell’eccidio della “Benedicta”, Guerrazzi emigrò a Genova, entrando ancora minorenne all’Ansaldo e restandovi per 18 anni. È proprio la fabbrica la principale fonte di ispirazione per le sue idee. È qui che Guerrazzi comincerà a scrivere, pubblicando racconti sulla condizione operaia per “Il lavoro” e “Il Secolo XIX”, fondando il primo quotidiano murale “L’urlo della notte” e raccogliendo le frasi e i pensieri degli operai nel suo primo vero romanzo “Nord e Sud Uniti nella lotta” (Marsilio 1974), che tra scontri e censure, lo consacrerà nell’Olimpo degli scrittori “scomodi” assicurandogli il successo.

Il 1975 è l’anno della svolta. Guerrazzi si licenzia dalla fabbrica per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura e alla pittura, altra grande passione della sua vita.

“Ho girato maniglie per 18 anni e sono stufo. Smettendo non credo di aver liberato la classe operaia – ma almeno – ho liberato me stesso” dichiarerà a Giuliano Zincone sul Corriere della Sera. Nascono “I dirigenti” (1976) e “Gli intelligenti” (1978), entrambi denuncia del malcostume e dell’incompetenza imperanti nelle classi dirigenziali e intellettuali dell’epoca.

Nel mezzo “La fabbrica del sogno”, pubblicato dalla Cooperativa Scrittori e presentato allo Strega del 1976, rimanendo escluso, sembra, per un solo voto, stimolando così il sarcasmo di Guerrazzi che scriverà sull’Espresso una “Lettera d’amore” a Maria Bellonci.

Sull’onda del successo escono “La fabbrica dei pazzi” (Newton 1979) e “La festa dell’unità” (Rizzoli 1982) e dopo una lunga pausa arriveranno “Quel maledetto giorno” (Pellegrini, 2001) e “L’aiutante di S.B. presidente operaio” (Marsilio, 2004).

Il 2007 è l’anno de “Il compagno sbagliato” (Mursia) scritto a quattro mani con Stefano Bigazzi e nel 2010 dell’ultimo lavoro, “I primi della classe” (Simonelli), nel quale lo sguardo dell’autore si estende dal mondo del lavoro alla società ai falsi miti della televisione e della politica.

guerrazzi pagina facebook Nel frattempo Guerrazzi dipinge. La sua arte esprime lo stesso punto di vista dei libri. Oltre mille i quadri al suo attivo. Storico-politici e di denuncia, come “L’Eurocomunismo”, “I funerali laici”, “Operai”, “L’aborto in fabbrica”, ma anche paesaggi e nature morte. Una produzione visionaria ed attuale, esposta in Italia e all’estero, a partire dal famoso vernissage del Palazzo dei Congressi romano nel 1977 sino alla mostra virtuale del 2005, curata dalla figlia Marika Guerrazzi e da Nuno da Silva Lopes, alla Loggia della Mercanzia a Genova, passando per la televisione svizzera e per la Rai.

Fino al 22 giugno 2012, quando ha ceduto alla malattia, “l’unico potere forte che alla fine si è giocato la sua vita” come scrive Bigazzi.

Guerrazzi se ne è andato senza clamore, quasi in silenzio come se fosse una partenza temporanea. Dopo 12 anni, la sua pagina Facebook è ancora lì, ferma ai suoi ultimi post (ai quali la figlia Marika ha aggiunto l’invito all’ultimo saluto al padre), attendendo quasi che da un momento all’altro ricominci a scrivere.

Share via