Nino Martino, il Cacciadiavoli

Nel giorno della festa San Martino, ricordiamo la leggenda del brigante Nino Martino invocato come santo al tempo della vendemmia

A terrorizzare con le sue gesta i potenti, suscitando ammirazione tra le genti d’Aspromonte, non fu soltanto il leggendario brigante Musolino. Tra gli incontaminati sentieri aspromontani riposano, racchiuse in uno scrigno di pietre insolite, anche le tracce di Nino Martino, il Cacciadiavoli.

Il Robin Hood dei briganti

Egli era un temuto brigante della fine del Cinquecento, che viveva nei boschi con la sua banda, togliendo ai ricchi per dare ai poveri e facendosi, insomma, giustizia da sé.

Delle tante imprese epiche fu la sua morte, e quel che in seguito accadde, a fargli meritare un posto nella storia a metà tra santificazione e leggenda.

Un giorno, infatti, stanco di quell’esistenza pericolosa e sanguinaria, decise di chiudere con la vita da fuorilegge.

Raccolse i suoi uomini e, deponendo armi ed averi, se ne andò per la sua strada.

Il tradimento

I compagni, dapprima increduli, furono presto sopraffatti dalla paura e, vedendosi già condotti al patibolo, si misero sulle sue tracce.

Raggiuntolo in località Arma di Conte, lo uccisero, coprendo il suo corpo di sassi.

La notizia arrivò alle orecchie della madre del brigante che, straziata, si recò sul posto, liberando il corpo del figlio dal fardello di pietre e riportandolo a casa.

Il “miracolo” della botte

Ma la donna non ebbe il cuore di seppellirlo e decise di nasconderlo dentro una botte vuota, così avrebbe potuto vederne ancora il volto. Così fece ogni dì, abbracciandolo e lavandogli le ferite.

Un giorno, però, non riuscendo a spostare la botte, tanto era diventata pesante, tolse il tappo sul fianco e, improvvisamente, da questa cominciò a sgorgare vino rosso della migliore qualità. Ne spillò, quindi, una damigiana e lo distribuì ai poveri. E seguitò così, un giorno dopo l’altro, perché la botte non si svuotava mai.

Pur potendo fare del bene, la donna, amareggiata di non poter vedere il volto del figlio, chiamò un bottaio per far rimuovere il coperchio.

Uno spettacolo miracoloso si presentò ai loro occhi: il corpo di Nino era in fondo alla botte, intatto, mentre da una ferita era germogliato un tralcio di vite carico di grappoli maturi.

Fu per tale prodigio che il nome del Cacciadiavoli si diffuse di contrada in contrada ed è tuttora invocato dalle genti come il “santo” dell’abbondanza, al tempo della vendemmia.

Il ricordo di Nino Martino

La leggenda vuole ancora che nel luogo in cui cadde il brigante, ogni viandante lasciasse cadere un sasso, dando vita così allo strano cumulo di rocce che caratterizza oggi quella che secondo la tradizione è la grotta di Nino Martino, sui piani di Litri a Samo. E nel cuore dell’Aspromonte, il sentiero avvolto dalla leggenda che dal laghetto Rumia porta al rifugio dei briganti e alla piazza a lui intitolata.

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