Mario Massaro a Reggio con “Le bureau de porc”
Una piacevole conversazione con il noto attore calabrese che si esibirà stasera 7 dicembre al Cine Teatro Metropolitano ne “Le bureau de porc”, per il Balenando in Burrasca
Partire dalle lotte contadine per arrivare a denunciare il fenomeno della violenza sulle donne. È questa l’escalation promessa da Le bureau de porc che stasera, giovedì 7 dicembre alle ore 21, andrà in scena al Cine Teatro Metropolitano di Reggio Calabria. Protagonista di questa avvincente e “supertecnologica” pièce teatrale, scritta e diretta da Nat Filice, produzione Porta Cenere Teatro, è l’attore calabrese Mario Massaro.
Tra i pochi coraggiosi che hanno scelto di tornare per restare, Massaro vanta una carriera lunghissima che lo ha portato da Cosenza a calcare i palcoscenici più importanti fuori dalla propria terra, per poi rientrare e fondare nel 2003 la compagnia Porta Cenere e il teatro comunale di Mendicino.
Da allora, era il 2016, si occupa anche di divulgare il teatro tra i ragazzi perché «sono gli spettatori di domani» e, nel frattempo, si è messo in tasca pure una laurea in economia che non gli serve certo per diventare commercialista però, ammette, «è utilissima per la gestione di una compagnia teatrale».
Ma ce lo siamo fatti raccontare direttamente dalla sua voce in una piacevole chiacchierata nell’attesa dello spettacolo.
Mario, partiamo con una domanda difficile, cos’è per te il teatro?
«Ti posso rispondere con una citazione di Eugenio Barba che diceva che il teatro è quel mezzo di comunicazione che tende un po’ ad azzerare le distanze che ci sono tra le persone. E per me è stato all’inizio un modo per comunicare, adesso chiaramente è un lavoro e cerco di farlo sempre con la passione che ho dal primo giorno».
Anche tu come pochi altri “coraggiosi” hai scelto di tornare e hai fondato la compagnia Porta Cenere nel 2003 e nel 2016 il teatro comunale di Mendicino. Cosa significa fare teatro in Calabria?
«Ho deciso di tornare dopo aver lavorato molto tempo fuori perché volevo creare qualcosa che potesse dare un segnale alla Calabria (principalmente al territorio nel quale ho vissuto e vivo adesso), che si può fare teatro e che il teatro, soprattutto, è un elemento importantissimo per l’educazione dei ragazzi».
Sei molto attivo, infatti, nella divulgazione del teatro per ragazzi…
«Sì perché sono convinto che portando il teatro nelle scuole, portando il teatro ai ragazzi anche davanti ai genitori o ai docenti, stiamo creando gli spettatori del domani e questo, secondo me, è molto significativo in una terra come la Calabria che è ancora un po’ una terra di teatro usa e getta, dove non c’è stata una realtà che è riuscita negli anni a creare un’abitudine al teatro».
E cosa si propone ai ragazzi teatro classico, fiabe, commedie?
«Valutiamo tutti i generi. Ora iniziamo una rassegna di teatro classico che si chiama “La scuola dei classici” cercando di portare i libri dal testo sulla scena. E lo abbiamo fatto coi vari Pirandello, Verga, per le scuole superiori. Per i bambini, invece, puntiamo tantissimo sulle fiabe e ci teniamo a raccontarle anche in un modo un po’ diverso, utilizzando diverse tecniche: dal teatro artigianale, vero e puro, al videomapping per per creare una visione più immersiva dello spettacolo».
Usciamo un attimo dal teatro … ho letto che hai in tasca una laurea in economia, che ci volevi fare?
«(ndr risate) In realtà durante il Covid, ho ripreso gli studi che avevo iniziato prima di diventare attore professionista, in economia, mi mancava solo un esame e la tesi. E così ho deciso di portare a termine il percorso. E poi in realtà serve moltissimo. Ho fatto una tesi sulla gestione della compagnia teatrale, da un punto di vista sia burocratico che amministrativo, e alla fine è utile proprio per quello che faccio, cioè gestire una compagnia di teatro. Mi ha aiutato molto, devo dire la verità».
Hai fatto anche cortometraggi, film tv, tra cui Giuseppe Moscati con Beppe Fiorello e come regista il pluripremiato corto “Non fa ridere”. Queste esperienze cosa hanno rappresentato per te? Sei un attore prestato al cinema o nel tuo futuro vedi questa doppia veste?
«Guarda secondo me un attore deve provare un po’ tutto e quindi ho cercato di fare più cose. Sono molto contento del cortometraggio. Ne ho fatti due in realtà come regista, “Non fa ridere” e un altro che si chiama “Une seule chance”. Entrambi affrontano un tema che a me sta molto a cuore che è quello della migrazione, dell’accoglienza, dell’integrazione dei ragazzi che scappano dai loro paesi. Combinazione ha voluto che io tornassi a fare un cortometraggio dopo avere avuto una partecipazione in un altro corto che è stato pluripremiato, “Caffè Capo”, per la regia di Andrea Zaccariello, che parlava pure di migrazione ma quasi 15 anni fa».
Parliamo dello spettacolo di stasera “Le bureau de porc” che è una sorta di denuncia che parte dalle lotte contadine e arriva alla violenza sulle donne, il tutto contorniato dal videomapping. Cosa ci dobbiamo aspettare?
«Questo è stato il nostro primo spettacolo, si chiamava all’epoca “La stanza dei maiali” ed era realizzato con la tecnica che allora era più in voga del teatro-racconto, senza scenografia, senza nulla. Dopo 20 anni abbiamo deciso di riprendere questo testo perché ci sembrava assolutamente moderno, purtroppo. Quindi si parte dalla lotta contadina per finire con la fiaba di Barbablù che uccideva le proprie mogli e si cerca di fare un po’ un’analisi, partendo un po’ come un programma televisivo, uno stupido programma televisivo nel quale ognuno dice la sua. Se vogliamo, quindi, è una denuncia anche sociale sul ruolo che oggi ha la televisione. E poi c’è il videomapping in cui ci stiamo specializzando che ci permette di avere tanti punti di vista perché anche le scene, il quadro pittorico raccontano delle cose. Vedrete un po’ di scene realizzate da vari artisti e Natale Filice, il regista, ha messo poi insieme il tutto».
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