Marco Guzzi: riscoprire l’oro che è in noi per “scongelare” i cuori
Un pubblico rapito dalle parole del filosofo, poeta e fondatore del movimento Darsi Pace, all’evento presso il cine teatro Odeon di Reggio Calabria
Ritrovare l’oro che è in ognuno di noi, trasformando il piombo che ci hanno scaricato addosso, per ritrovare la dignità dell’essere umano, la libertà di decidere in cosa credere. Una nuova fede, nel senso più ampio possibile del termine, che serva a scongelare i cuori, di un’umanità sopita e depressa.
Questo in estrema sintesi il messaggio che il filosofo, poeta e fondatore del movimento Darsi Pace, Marco Guzzi ha lanciato dal palco del cineteatro Odeon venerdì pomeriggio nel corso dell’evento “L’oro è l’immortalità. In cosa crede la nuova umanità?”.
Evento che è andato “oltre le aspettative, data la piazza complessa di Reggio Calabria, e dove era importante lanciare un seme. Proseguiremo con questa diffusione di conoscenza dell’impegno del movimento, grazie ad altri eventi sul territorio” ha affermato Francesca Cammareri, animatrice territoriale della sezione reggina del movimento Darsi Pace.
Cos’è l’oro per la nuova umanità?
L’evento, parte del terzo ciclo in giro per l’Italia, dopo Bologna, Novara, Bisceglie e Udine, ha visto toccare anche Reggio Calabria. “Ci saranno altri quattro grandi incontri, a Roma, a Trento, Napoli e finiremo a Milano. E ovunque cercheremo di spiegare il senso di questo titolo. Perché certamente può sorprendere chiamare ‘anni d’oro’ questo momento storico” ha esordito Guzzi.
Un titolo che trae origine dall’omonimo libro del professore “Gli anni d’oro” e che vuole essere uno sprone, in sostanza, a riflettere, a trasformare “questi anni difficili in anni fecondi, di creatività”. Partendo proprio da qualcosa di molto rilevante, “interrogandoci su ciò in cui crediamo, accompagnati dal pianoforte e creando un clima emotivo più disteso, perché se non c’è una distensione interiore è anche difficile pensare. La nostra infatti è una società del non pensiero” ha affermato Marco Guzzi. E qui una carrellata degli esempi eclatanti quotidiani del non pensare, come i “talk show, dove tutto è banalizzazione”, un gioco di ruoli in cui si scelgono i personaggi che possano litigare tra loro, le “maschere” della politica che rappresentano le parti, sinistra, destra, pro e contro la guerra, ma poi “è molto difficile trovare uno che non sia per il riarmo”, battute caustiche sul “kit di sopravvivenza” esortato con apposito video dalla presidente della commissione europea von der Leyen.
E poi l’invito a pensare, con il clima emotivo giusto, una “bella pratica meditativa e una musica che ci dà ristoro” accompagnati dal suono del pianoforte.
In cosa crediamo?
Come in una sorta di “assemblea terapeutica” dove “prenderci cura di quelle inquietudini che ci affannano tutti e che la storia collettiva aggrava. Perché la nuova umanità, quella che stiamo diventando ha bisogno di motivi nuovi per stare insieme, basta vedere le assemblee politiche o liturgiche sempre più vuote e deboli. Quindi incontrarsi per offrire una esperienza diversa di aggregazione, per pensare in modo diverso e contestare un sistema di mondo che è brutto e ingiusto, menzognero, insopportabile” ha rincarato il filosofo.
Così l’incontro è entrato nel vivo parlando delle attività del movimento Darsi Pace, della ricerca interiore, di nuove “parole da scoprire”, al di là del pensiero filosofico più profondo che alla fine, non è fondato “razionalmente”, a partire da “Platone, la metafisica occidentale si rifà ai miti. Il mito è nel cuore di ogni nuova narrazione scientifica, di ogni svolta di civiltà, e i miti sono qualcosa in cui credere senza avere nessuna prova”. E ciò dimostra che “tutti noi diamo credito a cose di cui non abbiamo prova e quello a cui diamo credito dà forma interamente alla nostra vita” ha spiegato Marco Guzzi.
Ed è qui che entra in gioco il potere enorme dell’essere umano: decidere in cosa credere. “Ciò in cui decidiamo di credere ci plasma, plasma le nostre scelte, i pensieri, i sentimenti e dà forma a tutta la nostra esistenza. Ognuno è assolutamente libero di decidere in cosa credere, anche se il mondo ci fa credere il contrario. Ed ecco – ha chiosato – perché gli umani in questo tempo sono depressi e hanno bisogno di ritrovare il vigore della sussistenza esistenziale, di ciò che siamo altrimenti rimarremo sempre in mano a marionette di sistemi di potere occulti. Dobbiamo ritrovare questo vigore, dobbiamo ritrovare la dignità dell’essere umano, la libertà dell’essere umano di decidere in cosa credere”.
Aprire i “cuori congelati”
Occorre aprire il cuore, “che normalmente è chiuso, serrato. Abbiamo il cuore congelato. E facciamo finta di vivere e questo al sistema va bene perché così non ti metterai grilli per la testa. Perché quando il cuore lo si comincia a rianimare, immagina mondi, crea. Ma il cuore va aperto piano piano, scongelato con delicatezza, come la mamma quando scalda il bambino. Perché senza cuore si vive come i morti: una società di morti dove non c’è la parola ma solo chiacchiere” ha aggiunto Marco Guzzi. Dunque, “ora è il tempo di capire in cosa veramente crediamo”. Ecco spiegato il titolo, “in cosa crede la nuova umanità?”. Proprio attraverso le doglie di un parto dolorosissimo, in questi terribili anni sta faticosamente nascendo una nuova forma di umanità “che dobbiamo riconoscere dentro di noi per farla crescere. E darle le nostre energie”. E capire in cosa crede “perché è questo che determina la sua identità”. Dunque, riscoprire “l’oro” che è dentro ognuno di noi, l’”essenza”. “Non diamogliela vinta, perché i morti vogliono vedere i morti. Perciò bisogna uscire dal sepolcro. L’essere umano – ha concluso il filosofo – nella sua verità, sa di non essere riducibile a nulla”.