Le conocchie di Palmi, un pegno d’amore
Usate fin dall'antichità per reggere le fibre e lasciare libere le mani delle tessitrici, nel tempo diventarono vere e proprie opere d'arte comprese nella dote di ogni giovane sposa
L’uso della conocchia (0 rocca) nella filatura risale a tempi molto antichi. Tanto che in età romana, ma anche nel mondo greco ed etrusco spesso si raffigurava anche sulle tombe femminili, per indicarne le virtù lavorative.
La conocchia nella storia
Ma cos’è esattamente una conocchia (cunocchia in dialetto)? Si tratta di uno strumento costituito in genere da un bastone di legno (o anche in osso, ambra, avorio e altri materiali) con una gabbietta posta in alto, dove si legava la massa del filato in modo da reggere le fibre tessili e lasciare le mani libere alle tessitrici.
Questo attrezzo venne usato sin nella prima metà del XX secolo, nonostante esistessero da tempo i macchinari per filare più velocemente.
Un “gesto di sfida” durante la Rivoluzione
Durante la Rivoluzione francese pare che le donne usassero inviare una conocchia, in modo anonimo, ai nobiluomini che volevano spronare ad unirsi alle truppe.
L’atto assumeva un gesto di sfida, perché chi lo riceveva, non potendo certo rivalersi con un duello armato contro una donna, era costretto ad andare in guerra per salvare il proprio onore.
Un pegno d’amore
Nel tempo, le conocchie, in accoppiata con il fuso, cominciarono ad essere decorate e intagliate passando da attrezzo utile a vera e propria opera d’arte. Ed erano comprese nella dote di ogni giovane sposa.
A Palmi, era usanza dei giovani pastori offrire come dono di fidanzamento alle promesse spose una conocchia che facevano trovare sul davanzale di casa.
Gli innamorati creavano la propria conocchia per l’amata, personalizzandola, intagliando il legno con la punta di un coltello e scolpendo figure femminili o di animali sulla cima. Al suo interno, poi, veniva racchiuso un sassolino che, quando la rocca girava, emetteva un ticchettio continuo, tenendo sveglia la ragazza mentre lavorava al telaio.
Con il loro ritmo allegro, le conocchie servivano così a scandire il tempo e l’avanzare del lavoro che procedeva più speditamente grazie al pegno d’amore del fidanzato.
Le conocchie descritte da Corrado Alvaro
In “Figurine di Calabria”, un articolo apparso sul Mondo il 13 agosto del 1925, Corrado Alvaro scriveva: “Il pastore è sulla montagna, nelle tane accanto agli animali (…). La massaia è seduta sullo scanno e al chiarore della fiamma fila la lana, scrutando il filo che cola insalivato fra le sue dita. La conocchia, alta nell’ombra, sembra una testa che si muova infaticabile, con tutti i pensieri e le speranze che il pastore vi incise col suo coltelluzzo, quando la fece da un pezzo d’albero, nella primavera della montagna”. Ora la conocchia “è nera – continua il grande scrittore calabrese – perchè sono molti inverni che si lascia girare dalle dita della donna come una bacchetta magica” e “agita la sua ombra sul muro – sembrando – l’immagine dei costoni silenziosi e misteriosi della casa”.
Anche nella sua opera più famosa “Gente in Aspromonte”, Alvaro dedica un passaggio alla conocchia: “I pastori cavano fuori i coltelluzzi e lavorano il legno, incidono di cuori fioriti le stecche da busto delle loro promesse spose, cavano dal legno d’ulivo la figurina da mettere sulla conocchia, e con lo spiedo arroventato fanno buchi al piffero di canna”.
La collezione del Museo Raffaele Corso di Palmi
Grazie alla loro simbologia e alle decorazioni scolpite sulla sommità, che ricordano l’arte delle antiche civiltà mediterranee, le conocchie assurgono quindi ad opere artistiche tipiche dell’artigianato pastorale.
Oggi, diventate ormai un’autentica rarità, si possono ancora ammirare nel Museo calabrese di Etnografia e Folklore “Raffaele Corso” ospitato all’interno della ‘Casa della Cultura Leonida Repaci’ della ridente località del Tirreno reggino.
Qui, tra maschere apotropaiche e babbaluti, è presente, infatti, una meravigliosa collezione di oltre 750 conocchie, con intagli e decorazioni di ogni tipo ma con lo stesso valore simbolico e magico di un tempo.