“Le bombe sono tutte buttane” a Villa S.G.
Cosa ci fanno in un luogo sospeso un giovane affetto da ritardo cognitivo e un killer? In scena Giuseppe Arnone, con tutta la sua potenza espressiva e, complice perfetto, Claudio Boschi, per un ritmo sostenuto e incessante
Cosa ci fanno in un luogo sospeso un giovane affetto da ritardo cognitivo e un killer? A dare una risposta è la narrazione “Le bombe sono tutte buttane” in cui si riflette, si ride e alla fine si vede anche la “luce”. È passata un’altra costruttiva pagina di teatro civico sabato scorso da Teatro Primo a Villa San Giovanni grazie alla pièce contro ogni violenza (in primis quella mafiosa) scritta da Giuseppe Arnone; che lui stesso interpreta, affiancato da Claudio Boschi per la regia di Simona Epifani; una produzione Teatro Kopò di Roma.
Il racconto si snoda da fatti realmente accaduti: il 9 maggio del 1978 l’Italia scopre il volto ancora una volta sanguinario delle Brigate rosse che fanno trovare il corpo dello statista Aldo Moro. A tanti chilometri di distanza, a Cinisi, in Sicilia, un altro assassinio efferato si consuma: Peppino Impastato, poeta, attivista giornalista e conduttore radiofonico viene ucciso. Si mette così a tacere un personaggio scomodo che, dalla locale Radio Aut, stava denunciando abusi e soprusi dei mafiosi.
Chiusi in un luogo non ben precisato ci sono i protagonisti: Mimmo (Giuseppe Arnone), un giovane con un ritardo cognitivo, gentile e candido come un bambino, amante e collezionista di pietre. Insieme a lui si ritrova Fabrizio (Claudio Boschi), un killer di Cosa Nostra, un uomo che si mostra spavaldo anche se spaesato. Un impatto comunicativo non semplice tra i due. Il loro fil rouge è Peppino Impastato che tra i suoi impegni ha preso a cuore anche Mimmo, gli insegna a leggere e anche a scrivere. Fabrizio invece conosce Peppino sin da bambino. Tornano allora le voci dei ragazzi che giocano a pallone e che poi crescono fino a diventare uomini.
Una narrazione che sa di Sicilia calda e polverosa, ancorata ai retaggi del passato, quando gli uomini perdevano la verginità con le prostitute, donne che parevano senza sentimenti. Passaggi in scena che coccolano lo spettatore con i versi di Peppino Impastato (“Lunga è la notte e senza tempo. Il cielo gonfio di pioggia non consente agli occhi di vedere le stelle. Non sarà il gelido vento a riportare la luce, né il canto del gallo, né il pianto di un bimbo. Troppo lunga è la notte, senza tempo, infinita).
In scena Giuseppe Arnone, con tutta la sua potenza espressiva e, complice perfetto, Claudio Boschi, per un ritmo sostenuto e incessante. A tratti ride lo spettatore, con la complicità dei racconti che lentamente mette a fuoco un’altra realtà e Fabrizio, raccolte le briciole come Pollicino, comprende dove si trova e perché.
Il contenitore che li tiene insieme è uno spazio sospeso, è un luogo solo di passaggio e, forse, di redenzione, una possibilità di cambiamento. Cosa sa Fabrizio della morte di Peppino? Mimmo, nella sua genuinità, si rivela saggio traghettatore, ma solo per chi davvero ha capito ciò che è stato. In ogni luogo le bombe che uccidono non hanno sentimento. E per questo ricordano il fare delle prostitute. Una storia drammatica e sanguinaria per i tanti risvolti, che si sviluppa piano ma che, superato il climax, lascia invece intravedere la speranza.
La stagione 2023/2024 di Teatro Primo continuerà sabato 24 e domenica 25 con “Via Crudex-Cantico della minaccia”, scritto e diretto da Rosario Palazzolo.
“Le bombe sono tutte buttane”: una bella pagina di teatro a Villa S.G.
Cosa ci fanno in un luogo sospeso un giovane affetto da ritardo cognitivo e un killer? In scena Giuseppe Arnone, con tutta la sua potenza espressiva e, complice perfetto, Claudio Boschi, per un ritmo sostenuto e incessante
Cosa ci fanno in un luogo sospeso un giovane affetto da ritardo cognitivo e un killer? A dare una risposta è la narrazione “Le bombe sono tutte buttane” in cui si riflette, si ride e alla fine si vede anche la “luce”. È passata un’altra costruttiva pagina di teatro civico ieri sera da Teatro Primo a Villa San Giovanni grazie alla pièce contro ogni violenza (in primis quella mafiosa) scritta da Giuseppe Arnone; che lui stesso interpreta, affiancato da Claudio Boschi per la regia di Simona Epifani; una produzione Teatro Kopò di Roma.
Il racconto si snoda da fatti realmente accaduti: il 9 maggio del 1978 l’Italia scopre il volto ancora una volta sanguinario delle Brigate rosse che fanno trovare il corpo dello statista Aldo Moro. A tanti chilometri di distanza, a Cinisi, in Sicilia, un altro assassinio efferato si consuma: Peppino Impastato, poeta, attivista giornalista e conduttore radiofonico viene ucciso. Si mette così a tacere un personaggio scomodo che, dalla locale Radio Aut, stava denunciando abusi e soprusi dei mafiosi.
Chiusi in un luogo non ben precisato ci sono i protagonisti: Mimmo (Giuseppe Arnone), un giovane con un ritardo cognitivo, gentile e candido come un bambino, amante e collezionista di pietre. Insieme a lui si ritrova Fabrizio (Claudio Boschi), un killer di Cosa Nostra, un uomo che si mostra spavaldo anche se spaesato. Un impatto comunicativo non semplice tra i due. Il loro fil rouge è Peppino Impastato che tra i suoi impegni ha preso a cuore anche Mimmo, gli insegna a leggere e anche a scrivere. Fabrizio invece conosce Peppino sin da bambino. Tornano allora le voci dei ragazzi che giocano a pallone e che poi crescono fino a diventare uomini.
Una narrazione che sa di Sicilia calda e polverosa, ancorata ai retaggi del passato, quando gli uomini perdevano la verginità con le prostitute, donne che parevano senza sentimenti. Passaggi in scena che coccolano lo spettatore con i versi di Peppino Impastato (“Lunga è la notte e senza tempo. Il cielo gonfio di pioggia non consente agli occhi di vedere le stelle. Non sarà il gelido vento a riportare la luce, né il canto del gallo, né il pianto di un bimbo. Troppo lunga è la notte, senza tempo, infinita).
In scena Giuseppe Arnone, con tutta la sua potenza espressiva e, complice perfetto, Claudio Boschi, per un ritmo sostenuto e incessante. A tratti ride lo spettatore, con la complicità dei racconti che lentamente mette a fuoco un’altra realtà e Fabrizio, raccolte le briciole come Pollicino, comprende dove si trova e perché.
Il contenitore che li tiene insieme è uno spazio sospeso, è un luogo solo di passaggio e, forse, di redenzione, una possibilità di cambiamento. Cosa sa Fabrizio della morte di Peppino? Mimmo, nella sua genuinità, si rivela saggio traghettatore, ma solo per chi davvero ha capito ciò che è stato. In ogni luogo le bombe che uccidono non hanno sentimento. E per questo ricordano il fare delle prostitute. Una storia drammatica e sanguinaria per i tanti risvolti, che si sviluppa piano ma che, superato il climax, lascia invece intravedere la speranza.
La stagione 2023/2024 di Teatro Primo continuerà sabato 24 e domenica 25 con “Via Crudex-Cantico della minaccia”, scritto e diretto da Rosario Palazzolo.
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