La Giara di Pirandello a Catonateatro

Appuntamento domani 17 agosto con il grande classico pirandelliano "La Giara" a Catonateatro per la regia di Giuseppe Dipasquale

La commedia di Pirandello a Catonateatro 39

Dopo gli straordinari successi in musica delle date precedenti (Shine, De Gregori, Tosca e Neapolis Mantra), domani ritorna la prosa a Catonateatro 39 con uno degli autori più amati, Luigi Pirandello, e uno dei suoi classici più rappresentati: La Giara (o ‘A Giarra).

Una commedia fondata sul paradosso della ragione, che segna il grande ritorno di Tuccio Musumeci a Catonateatro nei panni di ‘ZI Dima, Angelo Tosto, Vincenzo Volo, Filippo Brazzaventre, Federica Gurrieri, Claudio Musumeci, per la regia di Giuseppe Dipasquale.

La Giara: il senso profondo dietro la commedia

Dal tema quasi filosofico e giuridico (il principio del torto e del giusto rispetto all’affermazione della verità), la sua collocazione popolare e campestre ne determina una questione dal profilo panico e antropologicamente simbolico: La Giara, come ventre di madre terra trattiene il suo architetto ‘ZI Dima in lite con l’Imperatore e proprietario dei campi Don Lollò. Il fatto in sé viene solitamente visto come una contesa da vita dei campi, di derivazione verghiana, giocata sulla roba.

Ma altro è La Giara se si vuole svelarne il senso profondo che, pur sotto le maglie della commedia umoristica, nasconde un meccanismo orgiastico di vita e di morte.

Credere che d’un tratto, nel momento in cui scriveva il saggio su L’Umorismo o il Fu Mattia Pascal, Pirandello volesse ritagliarsi una vacanza nella conciliazione borghese di una vita dei campi dal sapore verghiano è davvero analisi ingenua che il poeta di Girgenti non merita affatto. Il suo bordone è sempre lo stesso, e lo dice anche nel saggio citato: “…la tristizia degli uomini si deve spesso alla tristezza della vita, ai mali di cui essa è piena e che non tutti sanno o possono sopportare; induce a riflettere che la vita, non avendo fatalmente per la ragione umana un fine chiaro e determinato, bisogna che, per non brancolar nel vuoto, ne abbia uno particolare, fittizio, illusorio, per ciascun uomo, o basso o alto.” (L’umorismo).

Pirandello è sempre dentro la sua opera

Questa Giara allora, ribadisce il regista Dipasquale (anche regista e coautore insieme ad Andrea Camilleri del prossimo appuntamento, Troppu trafficu pi nenti del 21 Agosto) sarà per noi l’occasione per interrogare nuovamente l’autore siciliano: sulla vita, sulla coscienza del vivere e sul desiderio panico di legarsi alla natura, “…vivere per vivere, senza saper di vivere come una pietra, come una pianta…”.

Pirandello è sempre dentro la sua opera e mai ne esce neanche per creare delle zone di svago, dei divertimenti. Il suo impegno morale e civile permea, anche se in forme diverse, ogni rigo della sua opera costantemente volta a lottare contro un mondo e ad una società in cui la materialità andava sempre più prendendo piede.

Il bisogno spirituale di dare una ragione alle contraddizioni della vita

Come non ricordare la condanna del fanatismo bestiale dei Giganti della montagna. L’uomo nella corsa al benessere della materia incapace di accogliere, di sentire valori spirituali quali quelli dell’arte.

Pure nella novella del 1908 e nella commedia del 1917, ancora lontana dal Mito de I giganti, con la feroce comicità e il caustico umorismo poggiato sul letto popolare della sua ambientazione, la vicenda de La Giara porta con sé il corpo esistenziale di un Pirandello che mai ha smesso di narrare e mostrare il suo profondo bisogno spirituale di dare una ragione alla contraddizione costante della vita.

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