Da Boccioni al Secondo Futurismo: Reggio Calabria protagonista

Esiste un futurismo meridionale che vede la Calabria e Reggio protagoniste con Marasco, Yaria, Enzo Benedetto, detto “Record” da Marinetti, e la Sala dei futuristi al Siracusa

Umberto Boccioni fu una figura estremamente complessa. Si può tentare di cogliere come in un flash il chiaroscuro della sua personalità, potente, contraddittoria e quasi tragicamente intuitiva delle possibilità e dei limiti di quella grande avventura o voragine che gli si apriva davanti. Per lui, il futurismo, non significava semplice rigetto della tradizione, ma nuovo inveramento dell’eterna forza dell’arte. «Una psiche egocentrica – spiegano Ester Coen e Maurizio Calvesi nell’opera omnia, edita Feltrinelli – denotava sbalzi dalla depressione all’esaltazione».

Materialismo e visione politica

Boccioni conosce bene Marx, Engels, Bakunin; ne apprezza il materialismo e i principi libertari, fondendoli confusamente in una visione politica che si nutre di progressismo, umanitarismo, anarchismo, ribellismo.

E Boccioni visse l’avventura cromatica e plastica come un rivoluzionario, annegando nel loro intrinseco simbolismo il folclore ottocentesco e superando la cristallizzazione della materia, la scomposizione cubista che già Raymond Duchamp aveva presagito.

Reggio, una città in chiaroscuro

In questo senso anche la città natale, rappresenta una “magnifica astrazione plastica”, una città che non esiste, ma che rinasce dalle ceneri del terremoto con un’altra identità. Reggio Calabria per lui sarà sempre una città “chiaroscuristica”, con una larga fasciatura di tono colorato, dai contorni grossi che fonde e lega il corpo con l’ambiente e suddivide le cose in larghi schemi di chiaro e di scuro.

Ciò probabilmente perché la relazione d’amore con le radici calabresi fu breve e Reggio rimase nell’immaginario del Boccioni come un ricordo d’infanzia fasciato di mille stimoli ma mai definito. Del meridionale, Boccioni conserva l’impulsività, la passionalità violenta, quella creatività aggressiva che anima lo stesso movimento futurista.

La vis espressiva, per Boccioni, si condensa nel “colore locale”, quale “sintesi universale della vita”. Scrive egli stesso: «Sul vostro mare, nel porto, sulle piazze, nelle strade, nei vicoli, nei mercati, voi avete delle originalità plastiche enormi, mostruose che realizzano, prese anche così come sono, tutto un programma estetico antigrazioso».

Manifesto ai pittori meridionali

La Calabria, dunque, irrompe nell’eccessività dei futuristi di cui Boccioni è portavoce instancabile e assertore del “Manifesto ai pittori meridionali”: esso non si allena al provincialismo, ma difende a spada tratta quei rari elementi in cui «palpitano la poesia e il sangue delle dominazioni».

Altri pittori di enorme vitalità, come Enzo Benedetto, nato a Reggio Calabria, Antonio Marasco di Nicastro e Armiro Yaria fanno da corollario alla seconda analisi futurista.

Ed è davvero inaccettabile il silenzio siglato dalla storia dell’arte che invece dovrebbe compenetrare i prolungamenti locali dei movimenti culturali nazionali.

La riscoperta dell’attività di questi tre grandi avanguardisti/anticonformisti nella Calabria del nostro tempo che tanto brama ad un rilancio, fungerebbe da cura ricostituente.

La disattenzione degli addetti ai lavori, se non quelli in loco, fa gridare allo scandalo. Boccioni, Marasco, Benedetto, Yaria e tutti gli altri sospesi nello spazio della memoria o sparsi nelle geografie del destino sono l’orgoglio protagonista di una Calabria mai sterile, se non di auspici verso se stessa.

Un futurismo meridionale

Esiste dunque, un “futurismo meridionale” dall’intensa attività e dal vigore pari all’eco nazionale. A onor del vero furono loro a firmare impudicamente il manifesto “L’Aeropittura futurista” animata dal Depero, primo copywriter.

In particolare Enzo Benedetto (che Marinetti chiamava “Record”) si dedicò sempre all’attività grafica, paroliberista e pubblicista; nei suoi 88 anni (muore a Roma il 27 maggio 1993) sperimenta tutto quanto l’estetica futurista consentiva: aeropittura, visione cosmica, suprematismo razionale.

Rinnovando la sua arte in costante libertà, sviscera le possibilità di una quarta dimensione nella bidimensionalità della tela. Forse per assecondare quel suo desiderio d’evasione, che lo portò anche a scrivere, nel 1930, il romanzo fantascientifico “Viaggio al pianeta di Marte”

Nel 1926 crea a Reggio Calabria un vero polo futurista, organizzando al Teatro Politeama Siracusa, nell’ambito della IV Biennale Nazionale d’Arte curata da Alfonso Frangipane, la “Sala dei Futuristi”. Prima manifestazione italiana in cui si incontrano Marinetti, col quale Benedetto mantenne una fitta corrispondenza, Pia Zanolli-Misefari, reggina d’adozione, Depero, Fillia, Pippo Rizzo e Tato.

“Il divenire delle cose e delle idee” non cancellano il loro contributo all’esperienza evoluta e anticipatrice della cultura, di cui anche l’antica Reghion, soggiogata dalla robustezza armonica dei classici, fu terreno fertile per il seme dell’’informale visionario’”.

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