Crema reggina: inconfondibile “rosa” di Reggio
Inventata dal maestro Giuseppe Caridi, titolare dell’omonima pasticceria alla fine degli anni ’50, la "crema reggina" è un prodotto identificativo del territorio dal sapore e dal colore inconfondibili
La storia della “crema reggina”
Gusto unico e dal colore rosa inconfondibile. La crema reggina fa parte della storia di Reggio diventandone simbolo. La sua invenzione si deve al maestro pasticciere Giuseppe Caridi negli anni ’50 ed è la figlia Marilena Caridi che ha proseguito il sogno dolciario del padre a raccontarne le origini.
La famosa crema, che oggi si può gustare in ogni gelateria della città, è un’invenzione di Giuseppe Caridi, titolare e socio dell’allora pasticceria “Caridi e Laganà”.
«Mio padre ha iniziato a lavorare a 14 anni perché mio nonno gli aveva imposto di studiare, come i suoi fratelli, o di imparare un mestiere. Lui ha preferito la seconda opzione e ha iniziato a fare da apprendista nell’allora bar Conti. Insieme a lui c’era Gioacchino Laganà e, dopo anni di esperienza, ormai quasi trentenni iniziarono a lavorare nella pasticceria Albanese che si trovava di fronte alla chiesa di San Giuseppe. Poi quando, il titolare ormai anziano decise di non proseguire nell’attività, la rilevarono e lì nacque “Caridi e Laganà”. Era il 1948» racconta la signora Marilena.
La crema reggina arrivò qualche anno dopo. Quando, verso la fine degli anni ’50, «mio padre forniva il gelato e le brioches, oltre 1. 500 al giorno, al lido comunale che al tempo era gestito dal signor Ferrara, titolare dell’omonimo bar in via De Nava. Era il periodo in cui il lido era frequentato dalla Reggio “bene”, la gente vi si tratteneva tutto il giorno e anche la sera a ballare nella famosa “Rotonda” e questa affluenza corrispondeva ad una grande richiesta di gelato. Allora gli venne l’idea di creare un gusto che identificasse la città per omaggiarla. Pensò subito al color amaranto, perché era un tifoso della Reggina e anche ex giocatore della Dominante, nota squadra degli anni ’30, ma il colore era troppo forte e allora optò per un rosa delicato. Creo così un gusto a base di crema allo zabaione, con l’uovo, così era più consistente, vi aggiunse gocce di cioccolato e ciliegie candite e lo aromatizzò al rum per dare un gusto particolare».
La storica pasticceria, oggi tutta “al femminile”
Come “Piccole donne”, il capolavoro di Louisa May Alcott, solo che le sorelle Caridi sono in tre, Marilena, Angela e Anna (perché la quarta ha deciso di diventare avvocato) hanno rilevato l’attività del padre, rilevandola poco più che ventenni.
«Nessuno all’epoca scommetteva su tre femminucce – precisa la signora Marilena – ma noi ci siamo rimboccate le maniche e ce l’abbiamo fatta». E oggi, alle tre sorelle si sono aggiunte le sue figlie, Teresa e Liliana, che rappresentano la generazione che innova, nel segno, però, sempre della tradizione.
«Per molti anni, fino al 2004, siamo rimaste nella storica sede sul Corso fino al 2004. Poi ci siamo trasferite in via San Paolo, alla Villa e infine, qui in via Demetrio Tripepi» spiega ancora la Caridi.
La nuova sede dell’antica pasticceria ha un’atmosfera liberty, tra vetrine bianche, pavimento floreale, tavolini in ferro battuto e un sottofondo di musica jazz. «In questa zona dove è nato mio padre, peraltro, abbiamo ritrovato la vecchia clientela che, a sua volta, ha ritrovato i vecchi sapori. Perchè noi continuiamo a produrre tutto come faceva mio papà, persino i bignè e il pan di Spagna. E riproponiamo i nostri storici cavalli di battaglia della pasticceria fresca, oltre allo spumone e alla torta Calabria, altra creazione di mio padre, fatta con pasta di mandorla con dentro l’arancio e il cedro candito. Ovviamente, poi, il gelato alla crema reggina, esattamente come un tempo – prosegue la signora Marilena – ma anche i conetti allo stesso gusto, la nostra torta tradizionale gelato che è a base di gianduia e crema reggina e la pasticceria fresca, come i rollè, sempre con la crema reggina».
Vincenzo Caridi, l’amico di Guttuso
Nel locale, appesi alle pareti spiccano i quadri di Vincenzo Caridi, fratello del fondatore e noto pittore e scultore reggino.Amico intimo di Renato Guttuso e formatosi presso la scuola d’arte Mattia Preti, Caridi è stato un artista che ha ottenuto molti riconoscimenti nella sua carriera e le sue opere si trovano in gallerie pubbliche, anche a Roma, e in numerose raccolte private.
Alle pareti, incorniciati e in bella mostra anche i bozzetti che «mio zio creava per mio padre – illustra Marilena Caridi – sia per la decorazione delle torte che gli acquerelli per le bacchette di torrone», tra gli altri.
Il maialino per la mamma di Harry Potter
Da una delle vetrine, invece, ammicca simpaticamente un maialino rosa, la cui storia parte da Reggio per arrivare sino in Scozia, a casa della mamma di Harry Potter, J. K. Rowling.
In occasione dell’uscita in Italia dell’opera fantasy “Il maialino di Natale”, Mariagrazia Mazzitelli, direttore editoriale della Salani Editore e reggina doc innamorata della sua terra, ebbe l’idea di farne uno tridimensionale da regalare alla sua autrice per Natale. «Pensò subito a un dolce, simile agli agnellini che si facevano per Pasqua, così si rivolse a noi – aggiunge la signora Marilena – e l’iniziativa venne dirottata subito alla creativa della famiglia, la mia primogenita». Teresa Mancin, artista come lo zio Vincenzo Caridi, ha raccolto la sfida. Il maialino, anzi, i diversi maialini vengono realizzati e spediti alla Rowling e a tutto lo staff. E la mamma di Harry Potter ha gradito a tal punto da pubblicare un tweet per comunicare alle sue decine di milioni di follower quando aveva apprezzato il regalo, aggiungendo «troppo buono da mangiare. Lo conserverò». Un’altra bella storia della lunga storia della pasticceria in salsa, anzi no, in “crema reggina”.