Colonne di Terreti: un pezzo di Reggio a Londra
La loro storia, la loro bellezza. E come ci sono finite aldilà della Manica ce lo spiega lo storico Franco Arillotta, presidente degli Amici del Museo
Che ci fanno quattro antiche colonne reggine a Londra? La storia è molto lunga e su come siano finite aldilà della Manica ce lo siamo fatto raccontare dallo storico Franco Arillotta che ha effettuato numerosi studi sui reperti e ha avuto contatti diretti anche con la direzione del museo londinese.
Ma procediamo con ordine.
Le colonne lignee di Terreti: veri e propri gioielli medievali
Intanto di cosa parliamo? Di quattro colonne in legno di noce, monolitiche, alte circa due metri, con capitelli e abachi scolpiti a tutto tondo, che, per le caratteristiche presentate, possono essere datate intorno al 1200. Dei veri e propri gioielli medievali, in pratica, che facevano parte della ricca Abbazia di Terreti, posta a pochi chilometri sulla strada che dal centro città porta a Gambarie d’Aspromonte.
“Le colonne reggevano il pulpito della chiesa, tecnicamente l’ambone – spiega Arillotta – in questa chiesa piuttosto vasta su cui anche Paolo Orsi e Renato Laganà hanno fatto ricerche”.
Si tratta di opere di alta qualità artistica, a base circolare, che presentano una serie di immagini intagliate, tra cui raffigurazioni di santi, profeti e altre figure.
“Particolarmente rilevanti sono le immagini di San Paolo, Santo Stefano, San Michele Arcangelo che uccide il drago e i profeti Ezechiele e Zaccaria. Ma anche una figura di donna che si inginocchia davanti a un frate e che – illustra Arillotta – si può identificare nella moglie di Ruggero Il Normanno, il che testimonia che i benefici di cui l’abbazia godeva erano stati concessi dalla nobildonna”.
Poi ci sono tutta una serie di “scene” che probabilmente hanno “una funzione didattica – spiega ancora lo storico – perchè parlano della Bibbia, del giudizio universale e si rivolgono al popolo che all’epoca era per lo più analfabeta. La gente non sapeva leggere e scrivere e dunque l’oratore, il predicatore, illustrava gli insegnamenti attraverso le immagini e così portava avanti la sua opera di indottrinamento”.
E’ chiaro che l’abbazia era tenuta in gran conto dai Normanni e pare fu ricostruita intorno al 1100 da Ruggero su un edificio già esistente. Dopo essere stata danneggiata dai vari terremoti e, da ultimo da quello del 1908, venne demolita. “Per fortuna – precisa Franco Arillotta – il parroco del posto si accorse che dietro l’altare c’erano tutta una serie di pannelli in gesso che rappresentavano arte medievale e anche delle colonne in pietra arenaria e tutti questi reperti furono portati al Museo dove tuttora sono conservati”.
E le quattro colonne? Furono trafugate? “Le colonne di legno – continua Arillotta – probabilmente furono caricate su qualche carro, portate a Reggio e lì imbarcate per essere vendute”.
Come sono arrivate a Londra
Da contatti avuti con la direzione del museo londinese, lo storico reggino è riuscito ad avere informazioni dettagliate su quei reperti e su come siano finiti oltre Manica.
“Dalla documentazione, pare che le quattro colonne furono acquistate da un incaricato del Victoria &Albert Museum che era alla ricerca di ‘pezzi’ da esporre al museo presso un antiquario napoletano, di cui conosciamo anche il nome, nel 1886 (ndr, la data si ricava anche nel cartello esposto accanto alle colonne nella sala dedicata al Medioevo del Victoria), con una spesa complessiva di circa 207 sterline e da qui inviate a Londra dove sono tuttora esposte”.
“Secondo quanto indicato nel cartiglio visto a suo tempo e posto alla base delle colonne, esse provenivano da ‘Santa Maria di Terreti” chiosa Arillotta. Oggi il cartiglio reca soltanto “provenienza Campania o Calabria” ma quello che conta “è il cartiglio di partenza di cui esistono anche le foto e le comunicazioni inviate alla Sovrintendenza per segnalare la presenza di queste colonne nel museo inglese”.
La proposta
Ormai acquisite al patrimonio del Victoria, certamente le colonne non potranno tornare a far parte del bagaglio culturale reggino, ma si potrebbero ospitare senz’altro in una mostra.
“Si tratta di testimonianze uniche del Medioevo italiano che rappresentano un patrimonio storico e artistico inestimabile – aggiunge Arillotta, che quale presidente dell’associazione Amici del Museo ha proposto di compiere gli opportuni passaggi per ottenere in prestito le colonne ed esporle per un periodo a Reggio Calabria.
“Tra le ipotesi avanzate nell’ambito delle varie iniziative culturali promozionali da organizzare nel corso dell’anno 2027, come Amici del Museo abbiamo proposto che venga inserita questa mostra nel progetto Reggio Capitale della Cultura”. Il museo, tra l’altro, grazie ai contatti intrapresi con una dipendente, di origini reggine, sembrerebbe favorevole ai prestiti, tout court, che pare abbia già concesso ad altri musei.
“Ovviamente si tratterebbe di fare i dovuti passaggi, pagare le dovute assicurazioni e per un periodo di tempo – conclude lo storico – avremmo questi tesori nella nostra città a disposizione di cittadini e turisti. Sarebbe un attrattore culturale enorme”.