C’eravamo tanto amati: Reggio, il Duce è caduto, viva il Duce
Il 31 dicembre 1924 si diffuse a Reggio l'antesignana delle fake news, smentita dalla commissione d'inchiesta appositamente costituita che riportò "l'ordine" come se nulla fosse accaduto
31 dicembre 1924: a Reggio Calabria si sparse la notizia che il Duce era finito e con lui il fascismo.
Non si sa come cominciò e chi fu il primo a spararla. Fu l’antesignana delle fake-news.
In breve, tutti si misero a commentarla. Aggiungevano e sommavano panzane: si è dimesso, forse. L’hanno arrestato (si era in pieno “caso Matteotti”). Balbo è al potere. Il Re ha voluto così. A giorni si andrà al voto. Chi esultava e chi si preoccupava.
Si formò una folla festante che iniziò a sfilare per le vie della città.
Il capo della sezione locale del Partito Nazionale Fascista, Giuseppe Minniti, che rilasciava tessere solo a patto che gli iscritti fossero sottomessi a lui e ai suoi interessi di parte, si barricò in casa.
La sua politica, in pochissimo tempo, aveva provocato guasti economici e sociali a iosa, e la stragrande maggioranza dei reggini lo detestava.
La folla, ben munita per il Capodanno, iniziò a sparare mortaretti e razzi, a intonare persino cori socialisti; le camicie nere furono frettolosamente nascoste, persino i più autorevoli fascisti (Silvio Tripepi, già capoccia degli “arditi” e Giovanni Priolo, primo ras dei “fasci”) non ebbero il coraggio di manifestare diniego.
L’episodio è raccontato in un ottimo libro di Richard Bosworth, illustre docente di storia presso le Università di Reading (U.K.) e Western Australia, dal titolo “L’Italia di Mussolini”.
Cito testualmente: “Racconta un testimone: in un attimo la città è tutta in festa. Il lavoro è sospeso dappertutto e si chiudono i negozi in segno del giubileo. Un grande corteo popolare acclama i rappresentati dell’opposizione e li porta in trionfo. I fascisti più compromessi scompaiono. Gli altri si dichiarano nauseati del passato regime e chiedono di poter partecipare al corteo anch’essi”.
Mussolini non punì la città (in quei giorni aveva il suo da fare). Si limitò a inviare sul posto Agostino Lanzillo, già sindacalista rivoluzionario e fascista della prima ora, originario del posto, per presiedere una commissione d’inchiesta.
Il giorno successivo, smentita la notizia, ciascuno tornò al ruolo di sempre, come se nulla fosse accaduto.
La commissione terminò l’indagine stabilendo che il falso allarme era stato causato da pochi provocatori, che solo uno sparuto gruppo di cittadini aveva manifestato, che il prefetto aveva il pieno controllo della situazione, e che il Partito Fascista locale era stato sufficientemente istruito per far sì che simili episodi non si ripetessero mai più.
C’è dunque da meravigliarsi di fronte ai tanti cambi di schieramento, spesso repentini, di fronte alle incoerenze anche indecenti, di fronte alle ondivaghe posizioni politiche dei reggini?
L’odore della sconfitta terrorizza, in riva allo Stretto. Non si regge l’idea di star fuori dai giochi. L’opposizione è simbolo di debolezza. Sempre cavalcare il vincente. O a traino, del vincente.
Il totale disinteresse per “il bene comune”, l’apatia civile, il servilismo mutevole, la furbizia grassa e popolana hanno origini lontane, in questa meravigliosa e derelitta città.