Cappella del Santissimo Sacramento: gioiello barocco reggino

In centro città, proprio dentro la Cattedrale, a Reggio c'è il più raro e antico esempio di barocco della Calabria, dichiarato monumento nazionale

Raro esempio di barocco in Calabria, la “Cappella del Santissimo Sacramento” è il più importante monumento dell’arcidiocesi di Reggio-Bova, situata all’interno della Cattedrale di Reggio Calabria. Fu dichiarata monumento nazionale dal presidente Saragat.

La storia del gioiello barocco

La cappella fu realizzata per volontà dell’arcivescovo Agostino Gonzaga nel 1539 e originariamente denominata della “SS. Trinità”. Venne consacrata nel 1580 ad opera dell’arcivescovo Gaspare Dal Fosso.

La sua storia, come molte altre opere della città di Reggio, racconta di incendi, saccheggi e danni dovuti alle incursioni dei pirati e ai vari terremoti.

Fu ricostruita dalla Congrega del SS. Sacramento, all’epoca una delle istituzioni più fiorenti della città, che ne esaltò le forme barocche e ne mutò il nome in Cappella del Santissimo Sacramento.

Gravemente danneggiata dai terremoti del 1783 e del 1908 per fortuna, si ebbe il buon senso di salvare la cappella (che non seguì le sorti della cattedrale antica che venne invece demolita), ma la stessa fu soggetta a rimaneggiamenti nella parte muraria e ricomposta in modo accurato nelle linee essenziali, attraverso il recupero dei rivestimenti, delle statue e dei dipinti. Venne, quindi, collocata all’estremità del transetto sinistro del nuovo duomo di Reggio.

Un incendio dovuto ai bombardamenti del 1943 provocò purtroppo nuovi danni e la cappella venne restaurata e restituita all’antico splendore, riaprendo al culto solo nel dicembre 1965.

Le opere

Riccamente decorata, con le pareti rivestite in “marmi mischi”, l’altare monumentale in marmo policromo, circondato da colonne di porfido nero, la Cappella del SS. Sacramento è un’immersione pura nel barocco. Le decorazioni floreali e animali cedono il passo ai motivi geometrici e si armonizzano con i capitelli e le cornici classicheggianti.

Spicca sopra l’altare la pala seicentesca di Domenico Marolì di Messina, raffigurante il sacrificio di Melchisedeck (1665) mentre le ricche decorazioni furono realizzate da Placido Brandamonte, della rinomata scuola messinese di “marmorari” dell’epoca.

Nelle nicchie delle pareti, le otto statue marmoree, eseguite dai fratelli Jerace, Concesso Barca e Rocco Larussa, mentre i due angeli bronzei sono dello scultore Michele Di Raco.

Nelle varie vicissitudini attraversate dal monumento sono andati perduti gli affreschi tardo-settecenteschi realizzati da Domenico Giordano. Di recente fattura, i dipinti del pittore reggino Nunzio Bava.

L’effetto finale per chi varca per la prima volta la soglia della Cappella è un trionfo d’arte che avvolge per la sua magnificenza. Un patrimonio che ha resistito a guerre, carestie e terremoti, intrecciandosi con la storia della città e rimanendo quale prezioso testimone della bellezza e della tempra reggine.

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