Balfolk: tutti pazzi per i balli francesi

Nati durante la pandemia con il fine di socializzare, il gruppo si riunisce ogni lunedì per ballare direttamente in piazza

Da due anni movimentano le piazze reggine ma il loro quartier generale è il piazzale antistante la stazione Lido. Sono il gruppo del Balfolk di Reggio Calabria. Non hanno bisogno di sedi o grandi organizzazioni, ma è sufficiente una radio per diffondere la loro musica, un “tetto” sulla testa in caso di pioggia e tantissima voglia di stare insieme e ballare le danze popolari soprattutto francesi, ma anche di altri Paesi, europei e non.

Com’è nato il Balfolk a Reggio?

«Il Balfolk ha avviato le attività a Reggio, nel periodo della pandemia, quasi due anni fa, perché c’era il desiderio forte di riprendere i contatti con la gente. Anche se l’idea di stare in piazza e vivere il luogo pubblico era antecedente, si è concretizzata nel 2021 – ci spiega Saverio Settimio tra i fondatori del gruppo Balfolk – per il bisogno di uscire dai contatti solo via social che danno un’immagine un po’ camuffata della persona. Invece incontrarsi, stringersi la mano, abbracciarsi, sentire il tono della voce, insomma stare insieme fisicamente e ballare, riprende il concetto di aggregazione, è vera socializzazione».

Così una sera di due anni fa, «con un piccolo gruppetto di amici ci siamo ritrovati in piazza Sant’Agostino e abbiamo danzato insieme Balfolk e non ci siamo più fermati» aggiunge Saverio.

Pian piano il gruppo si è allargato, «perché gli obiettivi comuni di aggregarsi hanno avuto la meglio sulle paure di questi ultimi anni e anche la voglia di riprendere spazi del bene comune, le piazze soprattutto, valorizzandole nella funzione per cui sono state create».

Da allora, appuntamento fisso ogni lunedì, in tanti luoghi, ma il «quartier generale – prosegue Settimio – è l’area coperta della stazione Lido, ottima in caso di pioggia, soprattutto d’inverno».

Qual è il repertorio del Balfolk?

Il Balfolk, ricordiamo, comprende balli della tradizione popolari di numerosi paesi europei, tra cui soprattutto la Francia, il Belgio, i Paesi Bassi, la Germania, ma anche extraeuropei.

«Si tratta di un movimento – chiarisce il portavoce del gruppo reggino – che si rifà molto al patrimonio popolare francese, bretone, occitano, delle regioni diciamo franco-provenzali, ma anche della Francia centrale, Alvernia, Poitou, della Guascogna… tutte regioni che hanno conservato il patrimonio delle tradizioni, in particolare di queste danze che man mano si sono urbanizzate, conservando la tempistica, ma evolvendosi, con numerose varianti. C’è anche un patrimonio immenso di danze balcaniche, il repertorio Balfolk, insomma, è molto ampio».

«Le danze più importanti che balliamo sono la Mazurka francese, il Waltz

Balfolk, o anche la Bourrée d’Auvergne, i Branle, le Scottish, che sono danze ibride. Tutte caratterizzate da sonorità piacevoli che inducono facilmente all’apprendimento. Ma ci siamo cimentati anche in danze greche, come il Sirtaki, o la Trata, ad esempio, un ballo tradizionale che celebra il successo delle battute di pesca, o, ancora, il Carnavalito, danza popolare dell’America del Sud».

Quanti ballano Balfolk?

«Il gruppo è molto elastico, a volte siamo dieci, a volte 40 o anche più e poi coinvolgiamo tutta la gente che passa che spesso si unisce a noi perché si sente accolta. L’altra sera, ad esempio, si è unito un gruppo di turisti vicentini. Basta poco per coinvolgere, perché l’ambiente è festoso, fatto di gente che si vuole divertire, rispettando le diversità» continua Settimio. «Tra noi infatti ci sono anche ragazzi brasiliani, marocchini, argentini, ma abbiamo avuto anche curdi, palestinesi, turchi, e ognuno di loro ci ha proposto le danze del proprio paese».

Come conoscere le iniziative Balfolk?

«Oltre alla presenza sul territorio abbiamo un gruppo Facebook ‘Balfolk Reggio Calabria’. Inoltre abbiamo collaborato più volte con Arci Samarcanda, che ha sposato bene la nostra idea, organizzando concerti e stage incentrati sull’apprendimento delle danze balfolk. Stiamo collaborando anche con un gruppo parrocchiale – spiega Settimio – per fare un tentativo ulteriore di aggregazione, coinvolgendo anche attori del mondo delle associazioni, per condividere le cose che facciamo e creare ulteriore aggregazione».  

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