Ascanio Celestini: da Antigone all’ora di fila indiana, uno spettacolo memorabile

Ieri sera il narratore di storie al Catona Sport Village per il festival Oltremare ha rapito il pubblico con la sua capacità di raccontare

Antigone parla con il padre Edipo, gli racconta la sua vita, “grande camminatore ma non corridore, disordinato, con 10 paia di scarpe scompagnate che neanche avesse 10 piedi”. Così entrano nel vivo “Le nozze di Antigone” portate in scena ieri sera da Ascanio Celestini al Catona Sport Village per il festival Oltremare organizzato da Adexo e Officine Jonike Arti.

Quella di Celestini è un’Antigone che vive in un condominio, un’Antigone moderna che parla a un padre dal passato partigiano. Parla a un Edipo ormai malato, che ha sparato ai tedeschi, perché altrimenti lo avrebbero sparato loro, a un Edipo che ha incontrato le streghe ed è stato chiamato “bastardo” da una di loro e ha reagito picchiandola davanti a tutti. A un Edipo cui il comune manda un “ragazzetto” per aiutarlo nella spesa, ma non per lavarlo “perché usa i guanti di plastica”. A un Edipo che spara all’ultimo vecchio gerarca fascista che poi era il marito di sua madre, che l’ha protetto nascondendolo dai soldati. A un Edipo che, però, presto si scopre che non c’è più, che esiste solo nel ricordo Antigone, cui spetta il compito di custodirne il corpo e la memoria. Portandogli rispetto, dandogli del “voi” persino adesso. Immaginando di sposarlo, nella “prescia” del sogno.

Dietro i facili sorrisi che Ascanio Celestini non fa risparmiare al pubblico, c’è la tragedia. E la tragedia è sempre la stessa: è l’epilogo doloroso di una storia iniziata millenni fa ma che viene trasposta nel presente e che potrebbe essere trasposta in tutti i tempi, quella delle atrocità per mano dell’uomo, le morti, la violenza, la guerra.

(Foto di Marco Costantino)

Da Le Nozze di Antigone, il narratore di storie per eccellenza, accompagnato dalla fisarmonica di Gianluca Casadei, è passato a un ritmo più leggero, ma solo apparentemente.

Dalla scuola, alle nuove linee guida per l’educazione civica, al ministro “piccolo piccolo” che vent’anni fa partendo dal cestinare la letteratura ha progressivamente eliminato tutte le materie lasciando solo l’ora di fila indiana. Non un cerchio ma una fila, perché il cerchio significa uguaglianza e nel paese piccolo piccolo dove c’è il ministro piccolo piccolo non si può accettare. Una fila di diversi, immigrati, zingari, quattrocchi e ciccioni, con all’ultimo posto, inevitabilmente, il più diverso di tutti, il bambino nero. Ma pian piano la fila si assottiglia e resteranno solo la bimba alta e bionda, garante della “conformità” e l’insegnante.

Dalla scuola Celestini incalza e arriva al rivoluzionario che vuole mettere “la bomba in Parlamento”. Lì però trova tanti altri rivoluzionari che non lo sono più, che aspettano nel loro “buco” da anni, da decenni, con le barbe lunghe e le bombe in mano. C’è l’anarchico, i brigatisti e persino Bin Laden. 

Due ore di intenso spettacolo, il cui filo conduttore è sempre la memoria, quella che si cerca di mediare, di inculcare, raccontandola solo in parte ed evitando le responsabilità di un’Italia che non vuole ammetterle (come quelle delle stragi jugoslave), con le “giornate” che fioccano senza avere un vero significato. E con i ragazzi che non sanno neanche cosa siano. Si cade inevitabilmente sulla politica, sui ministri piccoli piccoli e su questa Italia nata “zoppa” che cerca di trovare la propria identità su basi che non si sa quanto siano solide.

E così Ascanio Celestini, saltando da una storia all’altra, col suo linguaggio colorito, col suo modo di affabulare il pubblico, fa sorridere, davvero tanto, ma fa anche pensare, davvero tanto. È il teatro bellezza … e tu non ci puoi far niente.

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