Ardore e lo ius primae noctis

Nell'antico borgo storia e leggenda si intrecciano nell'assassinio del duca Orazio Gambacorta che pretese il diritto di passare la prima notte di nozze con la giovane moglie di un contadino

Narrano le leggende che su un lago ai piedi del vulcano Tre Pizzi esisteva un paese chiamato Odore, per via del profumo dei suoi campi fioriti. Un violento terremoto cancellò sia il paese che il lago e i superstici furono costretti a trasferirsi in prossimità di una collina dandogli il nome di Ardore.

Con le sue grotte affascinanti e gli estesi agrumeti il paese subì le contese tra varie famiglie nobiliari finchè nel XVII secolo venne venduto al barone Carlo Gambacorta.

Orazio e il “vizietto” che gli costò la vita

A costui successe nel dominio il figlio Orazio, marchese di San Luca e primo duca di Ardore, il quale ebbe diversi meriti (tra cui quello di far costruire il maestoso castello che ancora oggi domina il centro del paese), ma anche un “brutto vizio”: non voleva rinunciare allo ius primae noctis, ossia al diritto del
signore feudale nei confronti del popolo, di sostituirsi al marito nella prima notte di nozze, 
provocando così il malcontento tra i sudditi.
Fino a quando, un giorno pagò care le sue passionali angherie. Accadde, infatti, che una bella ragazza del paese andò in sposa ad un giovane contadino, tale Parlongo, che mal sopportava la prepotenza del feudatario ed era deciso ad opporvisi con tutti i mezzi. Così, dopo aver celebrato il matrimonio ed aver festeggiato tra balli e canti fino a tarda notte, lo sposofingendo di accettare remissivo quello che doveva accadere portò la giovane moglie al castello per pagare il triste pegno. Invece, l’uomo attese che il duca uscisse dal maniero per vendicarsi dell’oltraggio uccidendolo.
Secondo un’altra versione della leggenda, il giovane portò sotto la dimora del feudatario, un’asina al posto della sua sposa, e quando il duca aprì la porta trovando la sgradita sorpresa, il giovane uscì dal nascondiglio e lo assassinò.

Il sarcofago del duca

Non è chiaro, dunque, se Orazio riuscì a consumare la sua ultima notte di passione, in ogni caso con la sua morte ebbe fine la nobile casata dei Gambacorta, anche se sui libri di storia si legge solamente che si estinse in circostanze poco chiare, per mancanza di eredi.
I suoi successori, nello stemma del paese fecero scrivere ‘Ardor et Odor’, forse in ricordo dell’antico nome, o forse dell’ardore del vecchio feudatario.
Fatto sta che da allora pare che nessuno abbia più esercitato in paese tale diritto. E ancora oggi, dall’artistico sarcofago in marmo bianco dove giace il duca, proprio sotto la Porta del Dongione, alcuni testimoni giurano di sentire delle voci: è Orazio che maledice i suoi bollenti spiriti.

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