Arcigay: oggi il sit-in per l'educazione sessuale nelle scuole - CULT and Social

Arcigay: oggi il sit-in per l’educazione sessuale nelle scuole

Dalle 18:00 in quasi 50 città italiane scenderanno in piazza oltre 250 realtà. Anche Reggio Calabria tra le città interessate

Oggi in piazza per l’educazione sessuale nelle scuole. Anche Reggio Calabria tra le 50 città italiane interessate dal sit-in organizzato da Tocca a Noi e Arcigay. Dalle 18:00 alle 20 oltre 250 realtà, tra associazioni, collettivi, insegnanti, studenti, forze progressiste ed esponenti dell’istituzioni, che si oppongono all’approvazione della risoluzione Sasso (Lega) che “vieta l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, tacciandola di essere espressione di una fantomatica ed inesistente ‘ideologia gender’”.

“Non possiamo e non vogliamo – spiegano gli organizzatori – restare indifferenti alla deriva illiberale e antidemocratica dell’Italia al tempo del Governo Meloni”.

Tante le città coinvolte da Nord a Sud, comprese Reggio Calabria e Cosenza. “La scuola che libera tutt3 – aggiungono i promotori – è una scuola dove non c’è posto per i pregiudizi sessisti, razzisti, omolesbobitransfobici e abilisti. È una scuola che si fa comunità educante e spazio sicuro per tutte le persone che la attraversano; una scuola che condanna e rifiuta l’odio e la discriminazione. Ma si scende in piazza anche per chiedere alle istituzioni di assumere un impegno concreto a sostegno dei progetti di educazione sessuale e affettiva nelle scuole che la risoluzione Sasso vuole mettere al bando, perché al contrario, rappresentano uno strumento indispensabile per la prevenzione e di contrasto al bullismo e alla violenza patriarcale, un presidio fondamentale per la tutela della salute riproduttiva e sessuale e per l’educazione al consenso”.

“La risoluzione Sasso – concludono le realtà organizzatrici – è solo l’anticamera di una legge anti-Lgbtqia+* che avvicina l’Italia a Paesi illiberali, antidemocratici e responsabili di numerose violazioni dei diritti umani come l’Ungheria di Orbán e la Russia di Putin. Ecco perché non possiamo stare a guardare”.