Pentidattilo: tra magia e leggenda, il borgo più suggestivo d'Italia - CULT and Social

Pentidattilo: tra magia e leggenda, il borgo più suggestivo d’Italia

Il video sul "borgo fantasma più suggestivo d'Italia" sta spopolando sul web. Ecco Pentidattilo, il monte dalle cinque dita con le sue leggende che parlano di un'antica maledizione e di un tesoro mai ritrovato

Pentidattilo (o Pentedattilo) è una “musa” dalle cinque dita alzate al cielo, le cui rocce di arenaria illuminate dalla luce rossastra dell’aurora sembrano i segni terreni lasciati da un intervento divino. Il borgo sul monte Calvario, inserito a pieno titolo tra i luoghi del cuore del FAI, è di una bellezza suggestiva e sconvolgente e le meravigliose immagini di Elpacobaila con oltre 362mila view su Instagram stanno facendo il giro del web.

VIDEO: Il borgo fantasma più suggestivo d’Italia

 

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“Il borgo fantasma più suggestivo d’Italia, negli anni ha ripreso vita grazie a un gruppo di artigiani. Il nome deriva dall’insolita confermazione della montagna sulla quale è incastonato, con ‘cinque’ suggestivi speroni che secondo la leggenda raffigurerebbero la mano del diavolo. Situato ai piedi dell’Aspromonte, questo piccolo borgo calabrese venne lentamente abbandonato in seguito ad un terribile terremoto che lo colpì nel 1783. Il borgo ha poi ripreso vita solo a partire dagli anni 90 grazie ad alcune botteghe di artigiani che si sono adoperate per la sua rinascita. Come quella di Daniela, che si vanta fiera di esser ‘la terza e spero non l’ultima abitante di Pentedattilo’” leggiamo nel testo a corredo del video.

“Il posto giusto – insomma – per una partita a dama, per scambiarsi un bacio o semplicemente bersi un bergotto al tramonto ma soprattutto Pentedattilo ci insegna che dalle macerie può nascere nuova vita”.

Leggende e misteri di Pentidattilo

Pentidattilo (dal greco appunto cinque dita) è un luogo magico circondato da un fitto alone di mistero e leggende, tra cui un’antica maledizione e un tesoro mai ritrovato che nascono da una tragedia consumatasi veramente alla fine del ‘600 … a causa di un amore negato e di un tradimento.

La strage degli Alberti

Nell’anno del Signore 1686, a Pasqua, la corte festeggiava non potendo immaginare che le mura del castello già trasudavano tragedia. Nel maniero di Pentedattilo, incastonato nella splendida roccia, stava per consumarsi, infatti, quella che è passata alla storia come la “Strage degli Alberti”.

La causa ufficiale fu l’annuncio delle nozze combinate da Lorenzo Alberti, marchese di Pentidattilo, tra la sorella Antonia e il cognato Petrillo Cortes. La notizia giunse alle orecchie del barone Bernardino Abenavoli, che amava la marchesina, probabilmente ricambiato.

Colpito da un’accecante gelosia, il signore di Montebello tramò vendetta e nella notte del 16 aprile, con la complicità di uno dei servitori, si introdusse furtivamente nel castello con i suoi scherani.

Nel volgere di pochi istanti, agghiaccianti urla di terrore lacerarono il buio della notte. Sotto i colpi del barone e dei suoi seguaci caddero il marchese Lorenzo, la madre Maddalena, la sorella Anna e persino il piccolo fratello Simone. Nella precipitosa ritirata che culminò col rapimento di Antonia, persino alcuni ospiti innocenti.

La caccia ai colpevoli portò alla cattura di sette esecutori della strage che furono giustiziati e le cui teste furono appese ai merli del castello.

Il barone, invece, dopo aver contratto nozze sontuose con Antonia, ricercato dappertutto dalle forze del vicerè, scomparve nel nulla.

Si narra che lo stesso riuscì ad imbarcarsi per Malta per poi trasferirsi a Vienna, arruolandosi nell’esercito imperiale e morendo in battaglia contro i turchi, col grado di capitano. Antonia, pare, invece, che si spense pochi anni più tardi in un convento di clausura a Reggio Calabria.

La mano del Diavolo

Inevitabilmente, la terribile vicenda ha consegnato il paese alla leggenda.

Si racconta, infatti, che quando Lorenzo Alberti fu colpito a morte dal barone, poggiò la propria mano sulla parete, lasciando l’impronta delle cinque dita insanguinate, e che questa sia tuttora visibile nella rupe di Pentidattilo quando, nel chiarore dell’aurora, le pareti di roccia si colorano di rosso.

Per questo motivo Pentidattilo viene indicata come “la mano del Diavolo” e si dice che nelle sere d’inverno, quando il vento si alza tra le gole della montagna, interrompendo il silenzio della solitudine, si riescono ancora a sentire le urla del marchese.

Un’antica maledizione

C’è un’altra leggenda che avvolte il borgo dall’atmosfera ovattata e fiabesca del borgo.

Si narra che sull’imponente roccia a forma di mano aleggi il mistero di una maledizione destinata ad abbattersi sul paese e a distruggerlo completamente.

La ragione di questa profezia, tramandata nei racconti popolari, fu proprio l’enorme violenza scaturita dalla strage: la rupe a forma di gigantesca mano si sarebbe abbattuta sugli uomini per punirli del sangue versato e per vendicare i morti innocenti di quella triste notte del 1686.

Il tesoro mai ritrovato

Secondo un’altra leggenda a Pentidattilo esisterebbe un immenso tesoro, nascosto dagli Abenavoli, proprio al centro della montagna, di cui, dopo il tragico conflitto tra le due famiglie si persero le tracce.

Un giorno, però, un fantasma svelò a un cavaliere di passaggio che se fosse riuscito a fare cinque giri intorno alle dita della montagna, su un piede solo, questa si sarebbe aperta e da essa sarebbe riemerso il tesoro.

La notizia si diffuse velocemente e in molti azzardarono l’impresa, ma invano.

Un dì un cavaliere giunto appositamente dalla Sicilia riuscì a compiere ben quattro giri attorno alla mano, e la montagna cominciò ad aprirsi, ma al quinto passaggio, quello intorno all’ultimo dito, un intero costone della mano crollò sul cavaliere, uccidendolo.

Anche questi avvenimenti contribuirono a far definire Pentidattilo come un luogo misterioso.

In realtà il borgo, per molti anni abbandonato e considerato il paese fantasma più suggestivo della Calabria è oggi rianimato dalle attività artigianali e dalle botteghe che hanno avviato un cammino di recupero turistico.