"Volevo essere la Barbie", la storia di Davide contro i pregiudizi - CULT and Social

“Volevo essere la Barbie”, la storia di Davide contro i pregiudizi

Lanciato in occasione del Pride a Reggio Calabria nel 2023, oggi il libro sulla storia di Davide Sgrò del giornalista Domenico Latino è alla seconda ristampa ed è stato candidato al premio Estense 2024

Inclusione e contrasto contro ogni forma di pregiudizio. E’ questo il messaggio di fondo di “Volevo essere la Barbie, storia di Davide e ordinarie omofobie“, libro d’esordio del giornalista Domenico Latino (Officine Editoriali da Cleto).

La storia è quella di Davide Sgrò, attivista calabrese LGBTIQ+ balzato agli onori della cronaca per essere stato vittima di una serie di atti omofobi, culminati con il danneggiamento della sua auto, che l’hanno spinto ad allontanarsi dalla sua terra.

Definito un romanzo di formazione, ‘Volevo essere la Barbie’ è una storia toccante, raccontata attraverso sei appuntamenti con l’autore, che svela i retroscena e i dettagli della vita di Davide, dall’infanzia ad oggi, arricchito dalla prefazione di Klaus Davi e dalla postfazione di Marco Marchese.

Presentato per la prima volta a Reggio Calabria in occasione del Pride 2023, il libro è già arrivato alla seconda ristampa ed è stato candidato al premio Estense 2024. A settembre, continuerà il suo viaggio nelle scuole, affinchè possa servire da esempio e momento di riflessione soprattutto per le giovani generazioni.

Ne parliamo direttamente con l’autore Domenico Latino.

Com’è nato Volevo essere la Barbie e perchè questo titolo?

“È successo per caso. Mi trovavo per lavoro a un galà di premiazione delle eccellenze calabresi a Gioia Tauro e c’era questo ragazzo appariscente cui veniva consegnato un premio di solidarietà. Sono capitato al suo tavolo e gli ho detto che la sua era una bella storia e che doveva scrivere un libro. Lui mi ha risposto che cercava proprio un giornalista che gli desse voce. E così è cominciato tutto. Sono andato a trovarlo a casa sua a Catanzaro e in sei appuntamenti mi ha raccontato tutta la sua vita. La sua storia travagliata mi ha spinto a superare quei pregiudizi che, non ti nascondo, io stesso avevo all’inizio, perché Davide è molto appariscente, ostenta la propria omosessualità, mi ha colpito molto questo suo provocare di continuo e ho voluto capire perché.

Il titolo viene dal fatto che Davide, da piccolo, giocava con la sorella con le bambole. E quando gli ho chiesto se voleva essere come la Barbie, mi ha risposto di sì. Ma soltanto perchè gli piaceva Ken e voleva essere al posto della Barbie. La sua risposta mi è rimasta impressa e così è nato il titolo”.

Anche la prefazione di Klaus Davi ha un motivo preciso?

“Sì. Perché è grazie a Klaus Davi che a Gioia Tauro è stata intitolata, per la prima volta in Italia, una via a un martire del pregiudizio.

Si tratta di via Ferdinando Caristena, un commerciante calabrese ucciso dalla ‘ndrangheta nel 1990 a soli trentatrè anni”.

Qual è, tra le vicende di Davide, quella che ti ha colpito di più?

«Sono tante in realtà. Ad esempio, quando è stato allontanato da una nota discoteca calabrese perché scambiava effusioni con il suo compagno. O, anche, quando dopo tanti sacrifici è riuscito a comprare la sua prima macchina, un’utilitaria, e gliel’hanno imbrattata con scritte omofobe. O, ancora, il rapporto con i genitori, che non hanno mai accettato la sua omosessualità, il rapporto con la nonna, sempre pronta invece ad accoglierlo e con la sorella, di cui Davide ha detto ‘siamo due anime in due corpi sbagliati’. Mi ha colpito anche la scoperta della sua omosessualità: aveva 13 anni e capendo che gli piacevano i compagni anzichè le compagne pensò di essere ‘malato’ e cominciò ad approfondire il significato della parola gay. Per non parlare degli episodi di bullismo a scuola, gli insulti e le scritte nei bagni quando ha avuto il coraggio di rivelarsi a un compagno di classe”.

Se Davide non fosse nato in Calabria sarebbe stato diverso?

«È una domanda che io stesso ho fatto a Davide e che trovi nel libro. Sinceramente no. Penso che sia una questione diffusa, non ci sono più pregiudizi al Sud rispetto ad altri luoghi. Davide stesso mi ha risposto che non sarebbe cambiato nulla se fosse stato a Napoli piuttosto che a Roma. A volte, più che l’omosessualità in sé ciò che fa scatenare reazioni discriminatorie è l’ostentazione. Chi vive la propria omosessualità in modo discreto viene preso meno di mira rispetto a chi va in giro con la gonna, i tacchi alti, gli orecchini e i capelli colorati. Anche Davide ha notato che oggi, con la complicità dei social, c’è molta più cattiveria nei giovani rispetto al passato, persino le battute sono fatte per far male, per ferire. Bisogna dire, però, che dopo l’episodio della macchina, Davide ha ricevuto tanta solidarietà dalla gente calabrese”.

“Volevo essere la Barbie” continua il suo viaggio e da settembre torna a scuola…

“Sì. Nel corso dell’anno, siamo stati al liceo Elsa Morante di Scampia, una bella esperienza con dei ragazzi molto partecipi. Abbiamo presentato il libro anche in un altro liceo di Giugliano, sempre in provincia di Napoli. Poi lo abbiamo presentato all’università di Catanzaro nell’ambito di un percorso contro i pregiudizi e lo scorso 26 luglio, alla terza edizione di ‘Over the rainbow’, a Cropani marina, insieme ad Alessandro Cecchi Paone e ai meravigliosi ragazzi della Consulta giovanile. Ho avuto l’onore di essere presente al Salone Internazionale del Libro di Torino, ospite dello stand della Regione Calabria e di essere candidato al prestigioso Premio Estense 2024. Ora, nel mese di settembre, ricominceremo con le presentazioni nelle scuole. L’obiettivo principale di questo libro è quello di contribuire al contrasto dell’omofobia e spero che i ragazzi possano leggerlo perché è proprio tra i banchi di scuola che inizia tutto. Mi auguro che la testimonianza di Davide possa servire ad abbattere stereotipi e pregiudizi e che, in futuro, ci possa essere una società maggiormente inclusiva rispetto a quella di oggi”.