San Paolo e la colonna bruciata - CULT and Social

San Paolo e la colonna bruciata

Nella Cattedrale di Reggio l'antico frammento della colonna bruciata che avrebbe consentito a San Paolo di predicare il Vangelo e di diffondere da qui il Cristianesimo in Italia

Di santi e miracoli è ricca Reggio Calabria, dalla quale, addirittura, lo stesso Cristianesimo ha iniziato il suo cammino, per diffondersi in tutta Italia grazie alla venuta di San Paolo. Tutto cominciò con una colonna bruciata. Ma partiamo dall’inizio.

L’arrivo di San Paolo a Reggio

Come ricordato negli atti degli Apostoli, infatti, Paolo di Tarso giunse a Reggio da Siracusa, imbarcato su una nave che conduceva alcuni prigionieri a Roma per essere giudicati dall’imperatore. Era un giorno di primavera del 61 d. C. , quando la nave che trasportava il discepolo doppiato l’acroterio di Calamizzi ormeggiò nella rada antistante la città. Reggio era nel pieno dei festeggiamenti in onore di Diana Fascelide. Attratto dalle luci del tempio illuminato, dedicato alla dea sull’antico promontorio, il centurione romano che era al comando decise di sbarcare per assistere ai magnifici riti, portando con sé alcuni dei detenuti. Tra si essi c’era Paolo di Tarso. Quando l’apostolo giunse in catene fra la gente raccolta nel tempio, cominciò a predicare il Vangelo con grande scherno ma anche meraviglia da parte dei presenti. Ciò che diceva era coinvolgente per tutti, grandi, piccoli, ricchi e poveri e la folla aumentava sempre di più. Questo portò i sacerdoti a scagliarsi contro di lui e i centurioni a cercare di farlo tacere.

La colonna e il messaggio del Vangelo

Ma il prigioniero, con voce altisonante, chiese di poter parlare ancora il tempo necessario affinché si consumasse un mozzicone di candela che si premurò di accendere e posare su una colonna posta lì vicino. Era, intanto, calata la notte e dal mare spirava un forte vento che faceva vacillare la piccola candela, mentre lo sconosciuto predicatore continuava ad esaltare il verbo di Cristo. All’improvviso, una folata di vento scosse la piccola lingua di fuoco, agitandola e piegandola sulla colonna che iniziò ad ardere come fosse un pezzo di legno. Una maestosa fiamma si levò, illuminando i volti della folla sbalordita al punto che tutti i presenti caddero in ginocchio, gridando al miracolo. Il prodigio cancellò ogni dubbio sulle parole di Paolo che battezzò i presenti e consacrò Stefano da Nicea, primo vescovo della città. Da quella notte il cuore dei reggini fu toccato dal messaggio del Vangelo e la città fu la prima a convertirsi alla fede cristiana.

L’antico cimelio al Duomo di Reggio

Dalla storia apprendiamo che le rovine del “Dianeo”, dove si innalzò il primo tempio di San Paolo che custodiva la prodigiosa colonna, sopravvissero a lungo. Ed anche che quando i turchi, alla fine del ‘500, devastarono e incendiarono la città distruggendo sia il tempo di San Paolo sorto sul luogo del miracolo, che i ruderi del Dianeo, profanarono anche la colonna che fu spezzata in quattro pezzi. Nei secoli, l’antico e misterioso cimelio fu venerato dal popolo che la baciava in segno di devozione e c’era l’uso di estrarre dalla stessa un po’ di polvere che veniva benedetta e portata nelle case per proteggersi contro mali fisici e spirituali.

Ancora oggi, nel duomo di Reggio, fra i cimeli più venerati, nella cappella di San Paolo, a destra del Presbiterio, c’è un frammento della colonna della tradizione, recante evidenti segni di bruciatura e protetto da un’urna di vetro, con due putti collocati al suo fianco. Sulla parete destra della cappella una lapide riporta un’iscrizione in latino, inneggiante alla “nobile colonna” del prodigioso evento della conversione alla fede dei reggini, mentre, sulle scalinate della basilica, si ergono maestose le statue di San Paolo e di Santo Stefano da Nicea, scolpite da Francesco Jerace, con alle spalle, sul portico del portale principale, l’iscrizione in greco degli atti degli Apostoli: “Costeggiando giungemmo a Reggio”.